Marlene Kuntz, i trent’anni di “Catartica”

Compie 30 anni il disco di debutto dei Marlene Kuntz, “Catartica”. Oggi viene ripubblicato con l’aggiunta di un inedito, “Fine della danza”, brano scritto all’epoca che poi è sempre rimasto nel cassetto ed è stato proposto ora nella registrazione del 1992.

La ristampa di “Catartica” arriva l’8 marzo, trent’anni fa questo album rispondeva alla voglia di fare un rock dal sapore preciso espresso dalla band e dal desiderio di ascoltarlo espresso dal pubblico. Gli anni ’90 erano quelli del grunge, dell’hardcore, di un certo percorso intrapreso dal rock internazionale (andiamo per macrocategorie musicali). I Marlene Kuntz con “Catartica” hanno scritto il loro manifesto e sono stati seminali. Ne parliamo oggi a distanza di tre decenni. “Siamo estremamente carichi. Quando è uscito il disco lo vedevamo come la realizzazione di un sogno, arrivata dopo 5 o 6 anni di cantina e gavetta. Appena il disco è uscito abbiamo cercato di far rimanere il sogno realtà il più a lungo possibile. Lentamente, anno dopo anno, abbiamo capito che questo era un album che stava lasciando un’ottima impressione di sé. Molte band hanno raccolto il messaggio che c’era dietro (sono canzoni seminali, appunto), la cosa non ci intimorisce ma ci carica”. [La foto è di Maurizio Greco].

Con che occhi guardate i Marlene Kuntz di allora?, chiedo: “Con affetto e orgoglio. Orgoglio per essere riusciti a trasformare la passione in ciò di cui ci siamo occupati nella vita. Era folle pensare di essere una rock band proponendo un sound come quello dei Sonic Youth e delle band noise e underground che ci piacevano. L’Italia è piccola, eravamo consapevoli della follia”.

E invece, dopo 30 anni i MK sono ancora qua: “Riascoltando i nostri live del ’92 o precedenti… eravamo bravi, con delle ingenuità ma bravi. Avevamo dato il massimo per ottenere quel sound che tanto ci emozionava quando ascoltavano le nostre band di riferimento. “Catartica” è stato l’inizio di questo percorso, mostrava che qualcosa stava per succedere. Più di così non potevamo fare”.

Marlene Kuntz e il rock di oggi

Venendo all’oggi, il rock “È uno dei possibili tipi di musica che si possono fare. Può essere bello ma anche brutto, la sua fascinazione la esercita ancora perché ragazzi giovani che fanno rock ce ne sono. Sono eroi, che esistono – o resistono. Forse più che la rabbia di allora oggi ci può essere frustrazione. O pessimismo, delusione. La rabbia di “Catartica” invece era qualcosa che voleva andare avanti ed esplodere”. Poi la riflessione si allarga: “L’unica musica remunerata oggi è quella che fa milioni di streaming. Già di per sé è grave che il 95% di chi fa musica la faccia gratis. Questo fa immaginare un assottigliamento futuro della creatività”. Negli anni ‘90 piaceva l’idea di band, “Poi si è virato più verso il performer singolo. Forse l’ultima band che deriva dagli anni ’90 sono i Negramaro. I risultati di “Catartica”, cioè di un disco così, fatto oggi quasi sicuramente non ci sarebbero. Mi sembra plausibile pensarlo”. Parentesi Maneskin: “Dal vivo suonano benissimo”.

Un pensiero va a Luca Bergia, mancato un anno fa. Molto più di un pensiero: “Luca è una presenza costante, senza di lui “Catartica” non ci sarebbe stato. È il terzo di tre che ha dato tutto se stesso per arrivare qua, gli dedichiamo il tour”. In tour Cristiano Godano, Riccardo Tesio, Luca Lagash, Davide Arneodo e Sergio Carnevale faranno sentire “Tutta la potenza e l’idea di quel suono degli anni ‘90”.

Il tour nei club ha già registrato il tutto esaurito in molte delle date, “Motivo di eccitazione ancora più evidente. Siamo intimamente certi che sarà un concerto potente. Data la risposta del pubblico, questo trentennale sembra interessante”. Però “Siamo consapevoli che ci saranno i cinquantenni a vederci e qualcuno dei loro figli che hanno vent’anni, non una platea di ventenni”.