I Santi Francesi portano “L’amore in bocca” a Sanremo

Vincitori dell’ultima edizione di X Factor, Alessandro De Santis e Mario Francese hanno superato Sanremo Giovani e arrivano al Festival. Con loro ho fatto una bella chiacchierata.

Sono i Santi Francesi, nome nato unendo i rispettivi cognomi. Il duo di Ivrea, che fa pop o hard-pop, ha superato la selezione di Sanremo Giovani con “Occhi tristi”. Mi piacciono, da tempi non sospetti. Non è la prima volta che li intervisto, con piacere. Li trovo molto onesti intellettualmente, e la canzone che portano a Sanremo è bella, è loro, è un sapore… anche un po’ amaro, come dicono loro stessi.

[La foto è di Mattia Guolo].

I Santi Francesi a Sanremo

Come vi avvicinate al Festival?

“Qualche palco lo abbiamo fatto, abbiamo sentito diversi tipi di tensione, e il livello che proviamo è lo stesso. Poi quando scatta quel clic in cuffia che gli spettatori non sentono sai che è fatta, devi cantare”.

È passato poco più di un anno tra la vittoria di X Factor e Sanremo Giovani, e ora siete al Festival: quale parola usereste per riassumere questi mesi? Perché, visti da fuori, sembrano essere passati a velocità folle.

“Follia, l’hai detto tu. Sono successe tante cose, principalmente il tour: il live tra tutto è la cosa che probabilmente ci piace di più e in cui non vediamo l’ora di tuffarci dopo il Festival. Abbiamo fatto tantissime interviste, è cambiato tanto nella nostra vita. Fino a prima di X Factor entrambi lavoravamo in altri ambiti, oltre a quello musicale, sostanzialmente per pagarci da mangiare. Il talent ci ha concesso di fare musica di mestiere”, racconta Alessandro. “Mi ricordo vivida la sensazione dell’ultimo Sanremo visto da spettatore. Era quello dell’anno scorso, da buon italiano all’estero – ero a Fuerteventura – l’ho visto tutto assiduamente. Un anno fa lo sentivo un palco troppo distante da noi, non riuscivo a immaginarmi qui dopo così poco tempo, e invece è successo”.

Siete cresciuti anche in questo anno… dove vi vedete in futuro?

“Sì, moltissimo a livello umano prima ancora che a livello artistico. Cerchiamo di non proiettarci troppo avanti nel tempo, sappiamo che dopo Sanremo vogliamo pubblicare pezzi nuovi, spingeremo per un album ma magari sarà un ep, e poi vogliamo suonare. “In fieri” è il nostro ep pubblicato dopo X Factor; noi siamo così, incompiuti: saremo sempre così, un mutamente continuo, non sappiamo bene dove ci porterà tutto questo”.

Siete piemontesi: hanno influito sulla vostra musica Subsonica e Marlene Kuntz, vostri conterranei?

“Hanno influito, soprattutto i Subsonica. Sono nella nostra playlist, i loro brani storici ci riportano a quando eravamo piccoli. L’artista che forse ci ha influenzato di più è stato Cosmo, uno dei migliori artisti secondo me”, dice Alessandro.

“L’amore in bocca” , l’espressione, è nata da un errore di scrittura: quale?

“Stavo scrivendo un concetto più ampio e il correttore dell’iPhone ha scritto l’amore in bocca invece di l’amaro in bocca. Ho pensato bella questa immagine, l’abbiamo tenuta lì”, spiega Alessandro. “Poi per caso abbiamo conosciuto Cecilia Del Bono, un’autrice giovane, meravigliosa che ormai è diventata una nostra amica, e abbiamo provato a scrivere insieme per vedere se fossimo compatibili appunto a livello di scrittura. Abbiamo fatto colazione insieme e ci siamo detti ‘andiamoci morbidi, oggi parliamo e vediamo se scriviamo una canzone’, ed è nata”. “Era agosto”, racconta Mario “e quel giorno abbiamo scritto “L’amore in bocca”. Cecilia l’avevamo conosciuta mesi prima in un camp di Sony, occasione in cui si mettono insieme un po’ di autori per lavorare insieme. Quel giorno non successe niente, ma Alessandro aveva pensato che tra noi e lei ci fosse qualcosa in comune. A tempo perso, perché stavano tutti scrivendo pezzi per Sanremo, siamo entrati in studio senza pretese ed è nato “L’amore in bocca”. Comunque questa cosa dell’errore torna, la seconda strofa del pezzo arriva di più cosa che non si sente di solito, può sembrare un errore e non lo è, ci piace. Per noi questo brano poteva essere qualunque cosa: è importante costruire un team in questo lavoro che ti sappia indirizzare. Come per “Occhi tristi” noi abbiamo scritto solo una canzone, il team ci ha suggerito di proporlo. Lo abbiamo fatto, ed è successo”.

Questo brano come si colloca nella vostra produzione?

“Si discosta da quello che siamo abituati a scrivere a livello di temi e di testo. C’è da considerare che c’è il 50% di penna femminile, quella di Cecilia. È un testo cantato da un uomo ma può essere cantato allo stesso modo da una donna. È costruito su immagini, parte dall’errore e sia noi sia Cecilia abbiamo inserito suggestioni variabili derivate dalle nostre esperienze private, senza spiegarcele. Questa canzone è un piccolo mistero anche per noi tre, le frasi che abbiamo scritto non ce le siamo mai spiegate perfettamente. Nell’atmosfera del brano c’è tristezza, quasi sempre nei nostri pezzi si percepisce una natura insicura e spaventata: tendiamo a parlare di quello che ci succede dentro, e spesso dentro di noi ci sono cose che non funzionano come accade in molte persone”.

Che sapore ha l’amore?

Alessandro: “Bella domanda, ma vuoi una risposta tipo… albicocca? Non è male come gusto”. Mario: “L’amore è amaro o non è amaro?”. Alessandro: “L’amore? Amaro, ma con quel qualcosa di dolciastro. L’amore sa di negroni sbagliato”.

Per la serata delle cover canterete con Skin sulle note di “Hallelujah” di Leonard Cohen.

“Per noi questa serata è molto importante, ci siamo fatti un viaggio mentale già prima di Sanremo Giovani. L’approccio è stato come quello che abbiamo usato per “Creep” durante X Factor, cioè andare a toccare qualcosa di intoccabile e vedere cosa succede. In questo caso forse è peggio. Abbiamo scelto questa canzone di cui sono stati fatte miliardi di cover ma tutte con arrangiamenti simili all’originale, noi volevamo dare un’atmosfera diversa. E poi l’abbiamo scelta perché porta con se contraddizioni, rappresenta benissimo gli essere umani. Non parla di chiesa come potrebbe apparire, anzi è un’ode alla vita terrena, umana: Jeff Buckley ha detto che l’hallelujah è l’orgasmo. È affascinante che una canzone sia conosciuta da tutti senza conoscerne la vera natura. Dovevamo trovare chi avesse voglia di seguirci in questa mattata, e dopo due settimane senza dormire è successo che all’ultimo minuto dico (parla Alessandro, nda) perché non chiediamo a Skin? E lei ha accettato. Vedremo come reagirà la gente ma noi siamo molto fieri di quello che è successo riguardo a questa cover”.

Sapete che quest’anno dovete presentare il cantante che si esibirà dopo di voi…

“Dovesse scappare la lingua diremo “raga scusate, rifacciamo”. Non abbiamo ancora capito come e perché, però aspettiamo con gioia anche questo compito. Potremo scrivere noi qualcosa o dovremo solo leggere?”.

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